mercoledì 27 marzo 2019

7 KM DA GERUSALEMME di Pino Farinotti


Alessandro Forte, professione pubblicitario: all'età di 43 anni il suo mondo pare non avere più alcun senso, la moglie lo lascia tenendo la figlia con sé, il lavoro perde colpi fino a restare solo un'aspirazione lontana, la vita si trascina tra il banco dei pegni e i panni sporchi.
Per una serie di coincidenze, vince un viaggio a Gerusalemme, un viaggio nel mistero e nel fascino della Terra Santa.
Sulla strada per Emmaus, a 7 chilometri da Gerusalemme, incontra un uomo, la perfetta rappresentazione iconografica del Cristo, che gli si presenta, appunto, come Gesù.
Infastidito da questo artista di strada, Alessandro cerca di allontanarlo, ma questo insiste e tra i due nasce un rapporto.
Ogni giorno Alessandro lascia il suo albergo e s'incammina per la strada polverosa per incontrare quel tipo strambo, che gli dice cose che non dovrebbe conoscere, che parla della Palestina di 20 secoli prima. Un tipo interessante, spiritoso, moderno.
Tra loro, persistente, una domanda: "Chi sei?"
Quel Gesù parla di alcuni personaggi che Alessandro ha incrociato nella sua vita, persone del tutto normali, ma rappresentative di sentimenti e di azioni fondamentali: la generosità, la violenza, la tolleranza, le differenze.
Proprio la normalità dei dialoghi riesce a far emergere le verità più grandi, quelle che danno maggiore ansia agli uomini.
Gli incontri tra i due si ripetono, si capiscono sempre di più e quel Gesù appare sempre più umano tanto che i loro dialoghi diventano spesso ironici e divertenti: ma tutto ciò è reale o è un delirio dovuto allo stato psicofisico del protagonista?
Un crescendo di ricordi ed esperienze rimosse, dolori e piccole gioie riaccendono l'interesse di Alessandro per la vita.
Al momento del commiato, per la prima volta, i due si toccano in un caldo abbraccio, in un arrivederci indefinito che fa emozionare entrambi.
Al ritorno in patria la vita riprende con nuovo slancio e con la riconquista delle piccole grandi cose perdute, col sospetto che tutto fosse solo un sogno o un'allucinazione, anche se alla fine, un segno, un miracolo, socchiude la porta del dubbio.

Un libro che non dà risposte, proprio come Gesù, ma lascia che ognuno di noi le trovi dentro di sè, quasi un Marzullo su carta stampata che esorta il lettore a farsi una domanda e a darsi una risposta.
Una lettura ironica e spietata della realtà in cui viviamo e che ci permea in profondità, che cela, dietro luoghi comuni e maschere stereotipate, emozioni, sentimenti e desideri, talvolta in netto contrasto con la lettura superficiale dell'altro che ognuno di noi è in grado di fare.
Tra continui flashback di una vita passata tra carriera, successo, cinismo e una certa dose di altruismo, Alessandro, con la freddezza e la capacità di sintesi del pubblicitario, traccia, con rapide inquadrature cinematografiche, i principali stereotipi umani della nostra società e analizza quell'uomo che, duemila anni fa, è stato il pubblicitario di se stesso, il migliore mai esistito. Un pubblicitario divino.

lunedì 25 marzo 2019

VINPEEL DEGLI ORIZZONTI di Peppe Millanta




BENVENUTI A DINTERBILD recita il cartello sbiadito all’ingresso del paese. 
Ma nessuno arriva a Dinterbild dalla strada di accesso e nessuno percorre la via che lascia il paese per andare alla ricerca dell’Altrove.
Nessuno tranne i visionari, come Krisheb, il matto, e  Vinpeel, un ragazzino che teme l’arrivo dei cavalieri dell’Apocalisse e parla nelle conchiglie con la speranza che il padre, incapace di dialogare con lui, un giorno possa ascoltare le sue parole.
Vinpeel dopo aver visto una luce al di là del mare, segno che esiste un Altrove, un mondo da scoprire, cercherà, insieme a Krisheb, Doan e Mune, di raggiungerlo camminando sulle acque (le sacre scritture, in fondo, non contengono forse la verità?), tentando di prosciugare il mare e costruendo una mongolfiera con le tovaglie rubate alla Locanba (e no, quella B non è un errore!) Biton.
Con loro conosceremo molti degli strampalati abitanti di questo villaggio, come Padre Earl, il pittore Del, che non parla perché le parole, messe bene in ordine nella sua testa, escono dalla bocca inciampandosi una nell’altra, il dottor Fros, medico del paese, in quanto un tempo aveva lavorato alla mensa dell’ospedale, lady Sawen, la donna più bella del paese, la signora Witt, Selmer, Mune e tanti altri.

Una storia che richiama prepotentemente alla mente il migliore Neil Gaiman, quello di Stardust, per intenderci, con la costruzione di una realtà fantastica e surreale, ma oltremodo poetica.
E  così Dinterbild diventa quel non luogo dove ognuno di noi si perde nella ripetitività dei gesti e delle parole, un loop in cui ci immergiamo quando ci lasciamo vincere dai ricordi e dai rimpianti.

Una storia la cui originalità è rimarcata dalla formattazione del testo, capace di conferire una connotazione visiva a elementi sensoriali, sentimenti ed emozioni, che si arricchiscono, queste ultime, delle originali definizioni, frutto di una rilettura infantile e priva di orpelli, che Vinpeel utilizza per spiegarle a Mune.

"Gioia
È quella cosa che non c’è tempo di spiegare, 
Perché non ne va sprecato un solo istante."

Altro fattore di pregio è l’aggiunta on line di brevi racconti che ci fanno conoscere meglio gli antefatti che riguardano alcuni personaggi, come padre Earl, Krisheb, Del e Gustav. 
Un romanzo bellissimo, che costringe il lettore a una netta sospensione dell’incredulità per immergersi in un mondo fantastico e visionario.







PEPPE MILLANTA inizia il camminino della sua vita adulta seguendo una strada che non gli appartiene.
Senza aspettare di trovare un semaforo, cambia strada e si avvia lungo viottoli nascosti e poco battuti, per approdare in un paese magico, che è quello in cui gli artisti esprimono se stessi (la sua biografia era troppo lunga per "rubarla" dal suo sito ufficiale!)

martedì 19 marzo 2019

LA SQUILLO E IL DELITTO DI LAMBRATE di Dario Crapanzano


Milano anni '50.
Margherita Grande è una bella ragazza che, orfana dei genitori, provvede al sostentamento dei due fratelli e della nonna col suo lavoro di cameriera nella Trattoria Del Sole, fino al giorno in cui un'elegante signora le propone un'occupazione molto più redditizia...
Ed è così che diventa una squillo per un'elegante casa di appuntamenti. Una squillo molto apprezzata. 
La drastica impennata nei suoi introiti, però, non la allontana dagli amici di sempre, tanto che, quando Ines, la sua migliore amica viene arrestata per l'omicidio del fidanzato, piccolo boss della ligera milanese, Margherita, per sopperire alle indagini superficiali condotte dalla polizia, si improvvisa investigatrice. E questo ruolo, grazie alla sua passione per i romanzi gialli, le calza a pennello, portandola, un po' Dupin e un po' Maigret, con acume deduttivo alla risoluzione del caso.
Uno spaccato della Milano del dopoguerra, alle prese con la ricostruzione materiale e morale, resa in maniera molto efficace, con uno stile narrativo che ricorda le detective stories della prima metà del secolo scorso.

ERAVAMO TUTTI VIVI Di Claudia Grendene




“ERAVAMO TUTTI VIVI” recita il titolo, e il succo del romanzo sta proprio in quel verbo: “ERAVAMO”. 
Già , perché negli anni dell’università Chiara, Anita, Max, Agnese, Alberto, Isabella ed Elia erano tutti vivi: amavano senza schemi, vivevano senza freni, avevano ideali politici e sociali senza disincanto e trasgredivano senza paura.
Poi, il passare degli anni e le vicende della vita li hanno portati a morire un po’ giorno dopo giorno, diventando sempre più simili a quei genitori da cui avevano tentato di affrancarsi.
E la morte di Max li pone di fronte ai loro fallimenti e disillusioni, innescando un viaggio a ritroso alla ricerca di quel momento in cui non si erano limitati a sopravvivere.

Romanzo ben scritto, dalla struttura originale, in quanto narrato a ritroso. La narrazione  non è imperniata su un unico punto di vista, ma di volta in volta cambia, lasciando emergere i singoli personaggi che sono individui a tutto tondo, i cui sogni sono destinati a infrangersi contro la banalità della vita quotidiana e in cui il lettore può identificarsi, in particolare se appartiene alla generazione dei protagonisti. 

Libro interessante, consigliato ai quarantenni in vena di amarcord!

venerdì 15 marzo 2019

QUELLO CHE NON SONO MI ASSOMIGLIA di Gianluca Giraudo



Un romanzo sulla solitudine e sul ruolo del processo di proiezione e identificazione nel nostro rapportarci con l’altro.
Una storia che pare una sequenza di stanze comunicanti e chiuse in un circolo vizioso, che solo Ignacio, il protagonista, proverà a spezzare con una scelta drastica e inattesa.
I personaggi entrano in contatto tra loro, con amici, famigliari e colleghi di lavoro di cui ognuno vanta una buona conoscenza, che, però, si rivela errata, o meglio opinabile, frutto di un’interpretazione personale e soggettiva di gesti e comportamenti.
Viviamo una vita, ma da essa gemmano decine di altre esistenze e personalità, a seconda dello sguardo di chi interagisce con noi.
Una prova interessante e originale, suddivisa in capitoli brevi, ognuno dedicato a un singolo personaggio che ci parla in prima persona, fornendo quindi un punto di vista sempre soggettivo e relativo:

“Non esiste mai solo una storia, una versione ufficiale dei fatti. Una persona non è mai solo una persona”

MAGGIOR PREGIO: la capacità di immergere il lettore nella relatività del reale.

PEGGIOR DIFETTO: in alcuni passaggi la narrazione appare “rigida”, controllata, leggermente artificiosa.











GIANLUCA GIRAUDO (dalla pagina dell'editore) è nato a Cuneo nel 1990. Vive e lavora a Roma. suoi articoli sono apparsi sul Mucchio Selvaggio, Minima&Moralia e Nazione Indiana. Ha un blog personale che ospita articoli e piccoli racconti: posticci.wordpress.com.
Questo è il suo primo romanzo.

lunedì 11 marzo 2019

FIORI SOPRA L’INFERNO di Ilaria Tuti




Chi ama il thriller non potrà non ritrovare in questo bel romanzo molti riferimenti cinematografici e letterari: il cattivo, il criminale che scatena la lotta della polizia contro il tempo, ricorda, per il modo di infierire sulle vittime, il John Doe di Seven di David Fincher, 
SEVEN di David Fincer (scena finale)

le indagini si sviluppano sulla base del profiling attuato dal commissario Battaglia, un mix delle menti di Jason Gideon 
e Jethro Gibbs, ma col fisico di Hetty, 


JASON GIDEON (Criminal Minds)










JETHRO GIBBS (NCIS)


HENRIETTA (HETTY) LANGE (NCIS Los Angeles)









mentre i dubbi e le domande sulla malvagità del serial killer mi hanno riportato alla mente Pietà per gli insonni di Jeffery Deaver.
Insomma un romanzo tutt’altro che banale, decisamente credibile e ben strutturato: tutti i nodi vengono al pettine e ogni singolo tassello trova il proprio posto.
Molto approfondite le indagini psicologiche e particolarmente riuscita è la caratterizzazione dei personaggi, in particolare dei quattro bambini che si trovano al centro dell’azione, che, con il loro sodalizio amicale, ricordano molto da vicino il Club dei Perdenti di kinghiana memoria
da IT (1990) regia Tommy Lee Wallace

E in tutto questo ben di Dio trova posto anche la scenografia, il paesaggio montano del trentino, descritto con particolari visivi, olfattivi, tattili e uditivi, che ti catapultano in quei boschi, sotto quella neve e ti fanno ricercare un po’ di tepore nella birreria del paese.
Anche dal punto di vista stilistico il romanzo, pur essendo un thriller, quindi improntato all’azione, non perde mai la sostanza, e nonostante la truculenza di alcune scene, l’autrice non scade mai nello splatter, ma lascia intuire, immaginare.

Insomma, un romanzo da leggere tutto d’un fiato, coinvolgente e che ben si presta alla trasposizione cinematografica oltre che ad essere la prima di una lunga serie di indagini del commissario Teresa Battaglia, personaggio complesso e che ancora molto ha da disvelare di sé.

venerdì 8 marzo 2019

8 MARZO...




È per te, bambina e futura donna, che sai di non valere meno di tuo fratello o dei tuoi amici, hai sogni che non vanno chiusi in un cassetto e guardi con fiducia al futuro che ti attende.

È per te, giovane donna, che scegli quando spogliarti della tua infanzia senza permettere a nessuno di rubarla, nemmeno con un bacio, e non consentirai mai a qualcuno di trattare il tuo corpo come una proprietà.

È per te, donna lavoratrice, che non accordi a nessuno la facoltà di decidere per la tua carriera e lotti per vedere riconosciuti i tuoi meriti, il tuo valore.

È per te, casalinga, perché questa è una tua scelta, non una naturale vocazione o un ruolo predeterminato, una scelta a cui non consenti di uccidere i tuoi sogni e le tue passioni.

È per te che sei mamma e cresci i tuoi figli e le tue figlie insegnando loro il rispetto, la collaborazione e l’empatia.

È per te, che i figli non li hai, per scelta o per destino, perché  fare un figlio non è un dovere e nemmeno un segno di completezza.
                                                                
È per te, donna matura, che, con la tua esperienza, insegni a chi è più giovane il valore della solidarietà, della comprensione e dell’aiuto reciproco e sei testimone di come le battaglie producano piccole e grandi vittorie.

È per te, donna, chiunque tu sia e ovunque tu sia, per te che non  permetti a nessuno di redigere la tua storia digitando sulla tastiera della vita, ma la scrivi tu, con la penna nella mano e la tua, a volte incomprensibile, calligrafia.

(Patty Barale)

lunedì 4 marzo 2019

LA BAMBINA FALENA di Luca Bertolotti



Una bambina sulla riva del mare: 13 chilogrammi, braccia magrissime, ernia ombelicale e un vocabolario stentato. 
Dice di essere arrivata dal bosco.
Inizia così la storia di Greta, una bambina che cresce con un grande buco nero nel passato, un campo gravitazionale che, poco a poco, la risucchia nella ricerca di risposte.
E, novella Gretel, si avventurerà in quel bosco oscuro oltre il quale troverà la sua strega cattiva, ella stessa prigioniera della casa di marzapane.

Versione moderna della fiaba dei fratelli Grimm, “La bambina falena” si snoda su due piani narrativi, il passato e il presente destinati a confluire per scorrere insieme verso il futuro: IL PRESENTE, la storia di Greta, è narrata in prima persona da un narratore interno dallo stile fresco e ironico, mentre un narratore esterno, cinico e disincantato, racconta IL PASSATO, le vicende accadute negli anni ‘70 che, come una pallina sul piano inclinato di menti disturbate, hanno portato alla nascita di questa trovatella.

POLLICE SU per...

il sapiente utilizzo delle metafore insite nella fiaba dei fratelli Grimm, con quel temuto attraversamento del bosco a rappresentare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e il soggiorno nella casa della strega quale momento di maturazione e ribellione adolescenziale a regole e limiti imposti da genitori protettivi e con molti segreti da tener chiusi in armadi blindati.
Una crescita, una emancipazione, che ha bisogno di un aiuto esterno, quello dell’anatra bianca, che qui prende le sembianze di Sissi, a cui la sindrome di Ehlers-Danlos, ha donato una pelle iper-estensibile, tanto da poter creare un paio di ali, quelle della bambina falena, che condurrà Greta oltre il prato della casa di marzapane e nell’età adulta.

POLLICE VERSO per...

l’eccessivo tono didascalico di alcuni passaggi, un’infodump su fatti di attualità e leggende metropolitane, che estraniano il lettore dalla storia, facendogli perdere il contatto con la magia della fiaba.



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