lunedì 15 aprile 2019

L'ULTIMA FAMIGLIA FELICE di Simone Giorgi




La famiglia Stella vuole essere uno specchio dei tempi, di una realtà fatta di rapporti difficili, insicurezze e forti egoismi, di un essere genitori in un'epoca che ha perso i punti di riferimento e cerca a tentoni nuove certezze e nuovi valori su cui costruire, con cui reinventare i ruoli.
Non c'è originalità in questo mettersi in gioco, ma semplicemente una banale inversione di ruoli: Anna recita la parte del padre tutto lavoro, carriera e gratificazioni extraconiugali, del coniuge che delega al consorte l'educazione dei figli limitandosi a farsi carico del benessere economico della famiglia, mentre Matteo è il prototipo (anche un po' scontato) della mamma che si destreggia tra lavoro e cura della casa e dei figli, che si illude di riuscire a risolvere qualunque problema davanti a una tavola imbandita, che spera di blandire spiriti irrequieti con invitanti fette di ciambellone (ci mancava solo che passasse i pomeriggi a guardare le soap e il quadro sarebbe stato perfetto!): insomma un mammo che accumula frustrazione e rancore verso quei familiari ingrati, che non riescono a vedere quanto sia faticoso il suo essere mite, disponibile, comprensivo...
Ma soprattutto Matteo è un personaggio irritante per questa sua volontà di neutralità, nel suo non prendere mai una posizione netta, nel suo accettare acriticamente e giustificare ogni cosa (dal divieto di ingresso nella cameretta imposto da Stefano, al tradimento della moglie), nel suo essere, in fondo, un'ameba con la presunzione di essere il migliore dei padri, anzi il migliore uomo sulla terra!
Eh già, perché gli altri personaggi hanno principalmente connotati negativi: quelli di sesso femminile sono arrivisti e concentrati solo su se stessi (Anna), sicuri di sè e senza cedimenti, ma anche fortemente egoisti (Eleonora), invidiosi e acidi (le dipendenti di Anna), mentre quelli di sesso maschile sono gretti, autoritari e volgari (l'allenatore di Stefano), arrivisti e falsi (Piero), insicuri e bulli (i compagni di scuola di Stefano e il Canaglia), maschilisti e retrogradi (il vetraio): solo Matteo è premuroso, disponibile, attento, scrupoloso, educato, rispettoso, ma incompreso (non sarà colpa di quell'aureola troppo stretta?)
Del resto anche la narrazione non mi ha entusiasmata, con l'uso di un narratore onnisciente che troppo spesso e con troppa leggerezza cambia punto di vista da un personaggio all'altro, spiazzando il lettore costretto a rileggere per orientarsi tra i vari pensieri dei singoli soggetti.


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